Teatro ragazzi e autenticità
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Nel percorso teatrale realizzato con i ragazzi all’interno dei vari laboratori mi capita sempre più spesso di osservare quelle che io chiamo le modalità recitative “da videogioco”. Sarà forse l’eccessiva esposizione ai dispositivi elettronici, agli shorts, alle varie piattaforme social, ma sovente accade che all’interno di una scena improvvisata uno dei ragazzi o una delle ragazze agisca e risponda come un personaggio televisivo, bidimensionale e stereotipato, uguale a tanti altri già visti in precedenza. E interpretare un personaggio similare è un’ottima strategia per non mettersi davvero in gioco, per non donare qualcosa di sé. È come una maschera dietro la quale trincerarsi, se non addirittura difendersi, facendosi scudo con essa verso eventuali commenti, risate o insuccessi. Tale modalità però non ha niente a che fare con l’essere umano che la utilizza e soprattutto non è in grado di fargli sperimentare o apprendere alcunché. Pertanto lascia i nostri esattamente come erano subito prima dell’incontro di laboratorio.
Al nostro solito appuntamento del giovedì pomeriggio, Barbara (nome di fantasia, come i seguenti) deve rispondere all’azione scenica compiuta da Leonardo, che dovrebbe suscitare un’emozione e stimolare una immediata reazione sia corporea che verbale. Appena mi accorgo che Barbara è entrata nella “modalità videogioco”, interrompo la scena improvvisata e invito la ragazza a riprovare, ricordandole che ora è lei che sta recitando, non un altro personaggio. Barbara non aveva neppure piena coscienza di aver utilizzato quella strategia, ma appena glielo faccio notare i suoi occhi si spalancano e mi sembra proprio che la consapevolezza si sia fatta strada in lei. Ripartiamo, dunque. Ora è lei stessa che deve rispondere all’azione dell’amico, prendendosi tutta la responsabilità di compierne una eccessiva, troppo tiepida o che magari non piacerà agli altri ragazzi che la stanno osservando. Eppure, afferra il coraggio a due mani e si butta. Finalmente nella finzione teatrale esce l’autenticità, il suo vero io, quello che farebbe lei e non un’altra persona. Un grande applauso e i complimenti degli altri partecipanti le rimandano l’importanza e la bellezza di ciò che ha appena fatto, rinforzando questo tipo di risposta alla scena recitata e (speriamo) l’abbandono della precedente.
Nulla quanto il teatro rompe gli schemi precostituiti, ci fa mettere in gioco, tira fuori il meglio di ciascuno di noi, ragazzi e adulti. È un paradosso, ma nulla quanto la finzione teatrale ci rende persone autentiche.







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