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Il Teatro a scuola regala nuove possibilità

Alcuni anni or sono mi venne chiesto un laboratorio teatrale di pochi mesi con una classe quinta della scuola primaria. La docente desiderava concludere il ciclo con un’esperienza a teatro e io mi resi disponibile, anche se il tempo che mi veniva concesso era davvero esiguo. “Però meglio di niente”, mi dicevo mentre scendevo le scale verso l’aula preposta al laboratorio, impaziente di incontrare questo nuovo gruppo classe con il quale sperimentare, giocare, creare e fare tanto altro.
Quale non fu la mia sorpresa quando mi accorsi che quella ventina di bambini di undici anni si comportava già come adolescenti in erba. Indossavano vestiti e scarpe firmate, usavano un linguaggio e gestualità tipici di ragazzi più grandi, mostravano sguardi e mimica facciale a volte sprezzante o comunque indifferente, tratto tipico di studenti più grandi di almeno un paio d’anni o anche più.
Non solo. Nella classe erano presenti vari gruppetti ben strutturati, nei quali era difficile far breccia per i bambini e le bambine meno cool, ovvero non altrettanto ben vestiti o popolari. Insomma, per un momento mi sentii catapultata in una versione aggiornata del film Grease con i suoi clan di ragazzi e ragazze. Ma fu solo un attimo. “In realtà sono ancora bambini di quinta elementare. Non devo dimenticarlo”, pensai mentre risalivo le stesse scale fatte all’andata, stavolta con uno stato d’animo completamente differente.
Le settimane trascorsero veloci. Sforzandomi di scoprire cosa si celava dietro le apparenze, fu presto chiaro che anche loro erano bambini vitali, spumeggianti, simpatici e pieni di idee. Erano solo altre vittime di una società che purtroppo impone modelli comportamentali a tutti e l’età evolutiva ne paga spesso le conseguenze. Due ragazze soprattutto avevano attirato la mia attenzione. Molto carine, sempre vestite all’ultima moda e con il lucidalabbra perennemente a portata di mano, mi apparivano costrette a recitare il ruolo delle “belle” del gruppo tutti i santi giorni. Pensai che con il teatro potevo offrire (a loro ma anche a tutta la classe) nuove possibilità, nuovi ruoli e personaggi; che i loro corpi avessero tutto il diritto di sperimentare diverse potenzialità, nuovi schemi motori ed espressività differenti da quelli a cui erano stati abituati e in cui chissà se si trovavano poi così bene.
Detto e fatto. La formazione di clownerie fatta in gioventù ancora una volta mi venne in soccorso. Le camminate buffe, le cadute, le gags comiche, il lavoro sull’assurdo che però sfiora la poesia, fu fonte di grandi risate e divertimento con l’intero gruppo classe. Una delle ragazze soprattutto scoprì che il suo corpo poteva fare salti, capriole, perdere l’equilibrio e tanto altro ancora. Che tutta questa libertà di movimento e il far ridere i compagni le piaceva da matti. Era come un sorso d’acqua fresca in una giornata di caldo, e ogni settimana continuava a chiedermene ancora e poi ancora.
Arrivò presto il momento tanto atteso dello spettacolo finale. Come sempre, i ragazzi sul palco furono eccezionali e il pubblico li ripagò di tutte le fatiche con grandi applausi, risate, fiori e complimenti finali. Ma, per una volta tanto, non credo che lo spettacolo sia stato il momento sostanziale del percorso fatto insieme. La cosa più importante fu la scoperta delle immense possibilità espressive del nostro corpo e la libertà che questa scoperta regala durante il laboratorio.
Non ho più visto nessuno di loro, ma spero con tutto il cuore che continuino a portarsi dentro questa libertà.

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