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Come parlare agli adolescenti – La scelta delle parole

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Noi adulti, già. Noi operatori, terapisti o terapeuti, docenti, animatori, educatori e anche (perché no) genitori. Tutti noi che abbiamo a che fare per lavoro, per scelta, per ruolo familiare, con l’età evolutiva. Noi che spesso siamo stanchi, frustrati, demotivati. Che ci impegniamo tanto ma a volte raggiungiamo pochi e scarsi risultati. E allora la tentazione di mollare si affaccia e non sempre riusciamo a ricacciarla indietro. Tutti noi che…. che forse potremmo iniziare a fare qualcosa di diverso.
Mettersi nei panni degli altri è anche modificare il proprio modo di esprimersi affinché il bambino o l’adolescente al quale stiamo rivolgendo il messaggio lo comprenda pienamente. Nel volume di Burrhus Skinner Il comportamento verbale tra i numerosi interessanti concetti, uno ha particolarmente colpito la mia attenzione: il fatto che ciascuno di noi, quando parla rivolgendosi a un uditorio, dovrebbe operare (più o meno consapevolmente) una sorta di revisione del testo in tempo reale, nella quale scegliere i vocaboli più adeguati a chi sta ascoltando, l’eventuale inserimento di metafore o modi di dire, la lunghezza della frase, i concetti astratti e così via.
Quando ci troviamo a dare delle indicazioni ai nostri allievi, o anche figli, per stimolarli a portare a termine un compito o realizzare un’attività, dovremmo essere certi di aver fornito tutte le informazioni necessarie affinché si crei nella loro mente una corretta sequenza (composta da immagini, la nostra mente lavora per immagini) delle azioni che devono compiere per giungere al risultato che abbiamo chiesto loro. Se invece parliamo di fretta o saltando qualche passaggio o dettaglio, la probabilità che chi ci ascolta non comprenda pienamente aumenta sempre più. Il risultato è quindi incompleto, qualora non addirittura assente, e noi avvertiamo irritazione mista a frustrazione, oltre alla tentazione di pensare che l’interlocutore non ascolta, ha cali di attenzione e così via. Ma siamo davvero certi di aver fornito tutte le informazioni mettendoci nei panni di chi avevamo di fronte?
Assistendo a varie conversazioni anche tra adulti che svolgono le professioni più varie, mi rendo conto che episodi similari capitano spesso. Trasformare il pensiero in linguaggio verbale chiaro ed efficace per chi ascolta non è un’abilità innata, è qualcosa su cui dovremmo continuare ad allenarci per molto, molto tempo. Come afferma Vygotskij in Pensiero e linguaggio, il pensiero, la lingua parlata e la lingua scritta viaggiano su binari differenti che solo saltuariamente si incontrano. È pertanto un errore molto comune l’esser convinti di riuscire a esprimere a sufficienza un concetto solo perché lo abbiamo chiaro nella nostra mente.
Le parole, le frasi, le intonazioni, le metafore che usiamo svolgono pertanto un ruolo importante e delicato al tempo stesso. Possono facilitare tutto il nostro operato o renderlo faticoso, altalenante e alla lunga logorante. A noi la scelta, dunque. E magari poi tutto sarà più semplice, leggero e perché no, divertente.

 

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