Teatro ragazzi e diritti dei bambini
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Il 20 novembre ricorre la Giornata Mondiale dell'Infanzia (nota anche come Giornata dei bambini) ed è stato il trentacinquesimo anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Approvata dalle Nazioni Unite proprio il 20 novembre del 1989, essa obbliga gli stati che l’hanno ratificata ad attuare tutte le misure necessarie per assistere genitori e istituzioni nell’adempimento dei loro obblighi nei confronti dei minori. Il documento riveste pertanto un’importanza fondamentale che spazia dal diritto all’istruzione in tutte le sue forme a quello per la cura, il cibo e la sopravvivenza e così via.
Eppure gli anni passano e le società cambiano. Mi sono quindi trovata a chiedermi: se io fossi una bambina che vive oggi, nel 2024, in una delle nostre città dell’opulenta e consumistica società occidentale, quali diritti vorrei vedere rispettati?
A prima vista quasi nessuno. Ma se guardo con più attenzione…
Vorrei il diritto di sedermi per terra e sporcarmi. Di saltare, correre, inciampare, inzaccherarmi. Senza un adulto a dirmi di fare attenzione, di non fare questo e quello, per poi precludermi l’accesso a esperienze importanti anche se non del tutto prive di germi.
Vorrei il diritto di sbagliare. Di allacciarmi le scarpe facendo un pasticcio con i nodi. Di vestirmi infilando male la maglietta. Di stare a tavola imparando a gestire l’acqua, le posate, il cibo, anche se ogni tanto mi cadrà qualcosa o gli spaghetti non si arrotoleranno bene sulla forchetta. Senza un adulto che si sostituisca a me in tutto, per poi farmi ritrovare a dodici anni che non so eseguire neppure le azioni più semplici e quotidiane.
Vorrei il diritto di desiderare. L’eccessiva quantità di giocattoli, libri, vestiti, non mi dà il tempo di anelare veramente qualcosa, di pazientare per averla, di goderne appieno una volta ottenuta.
E infine vorrei il diritto di sperimentare la frustrazione. Che ogni tanto, alle mie richieste l’adulto sia in grado di dirmi di no, spiegandomi perché non posso fare o avere tutto quel che voglio. Se non sperimento nell’infanzia il confine, il rifiuto, la frustrazione, potrei arrivare adolescente a compiere gesti terribili e irreparabili, al primo vero limite che un compagno o una professoressa ovvero un malcapitato qualsiasi, si ritrovi a darmi.
Ecco, questi sono i diritti che vorrei. Che il mondo adulto si prenda la responsabilità di essere guida educativa, amorevole tanto quanto autorevole, e che lasci vivere armoniosamente i bambini permettendo loro di cadere, sbagliare, sporcarsi, gestire le emozioni. Che sia accanto alle giovani generazioni, rimandando loro con fiducia e serenità che proprio quelle cadute, quegli sbagli e la tolleranza a quei no, costruiranno pian piano esseri umani equilibrati ed empatici, rispettosi di sé, degli altri e dell’ambiente.
Ecco perché il teatro ragazzi è così importante. Ci possiamo sedere per terra per dialogare tutti insieme. Camminare, saltellare, correre, scivolare, sperimentando nuovi schemi motori e, perché no, ogni tanto cadendo a terra ma sorridendone insieme un attimo dopo. Possiamo sbagliare a fare l’entrata in scena o a dire la battuta ma tanto non accade nulla, si ricomincia e si migliora. Possiamo desiderare intensamente proprio quel ruolo per lo spettacolo finale che il regista ha affidato a un altro; impariamo a gestire la frustrazione e magari scopriremo che il ruolo assegnato a noi è ancora più bello. Soprattutto sperimentiamo che fare tutto questo insieme ai nostri compagni, lavorare per un obiettivo ovvero per il bene di tutti, influisce inevitabilmente sulla maturazione del singolo e del gruppo.
Di coloro che saranno gli adulti di domani.
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