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Teatro ragazzi Didattica

 


Teatro ragazzi - gli adolescenti e le bussole

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Mi trovo a riflettere ancora sulle tematiche esposte in un post precedente, che narrava le avventure di Lorenzo (nome di fantasia) in un giorno di pioggia. Il ragazzo aveva perduto i propri punti fermi e non riusciva a raccapezzarsi nella nuova situazione, tanto da andare in confusione finché non riuscii a fornirgli riferimenti spaziali, comportamentali e verbali e gli offrii la possibilità di ricominciare da capo, rientrando in scena, per così dire con un copione al quale aggrapparsi. Ecco, riflettevo sul fatto che qualcosa di molto simile può capitare a tutti noi ma in particolar modo agli adolescenti. Lorenzo ha 13 anni e il Disturbo dello Spettro Autistico dal quale è affetto ha fatto sì che manifestasse il suo disagio con voce alta, parole sconclusionate, azioni disfunzionali e ininterrotte camminate in cerchio. Ma al di là dell’espressione esterna, il disagio è esattamente quello che potrebbe provare un tredicenne, quattordicenne qualsiasi, allorché si trovi in una situazione che non conosce e della quale non ha le coordinate, i riferimenti per sapere come comportarsi. La differenza sta solo nel fatto che il suddetto tredicenne probabilmente cercherebbe in qualche modo di nascondersi, di starsene in un angoletto per rimanere il più possibile invisibile a coloro che ai suoi occhi sono perfettamente integrati, sanno cosa fare, cosa dire, come vestirsi, come comportarsi. Per questo non smetterò mai di dire quanto il laboratorio teatrale per l’età evolutiva sia fondamentale. È uno strumento sopraffino da innumerevoli punti di vista. Innanzitutto i giochi, le attività e gli esercizi proposti dal conduttore/regista nella fase di training permettono a ciascun individuo di abitare più armoniosamente il proprio corpo (e ben sappiamo quanto per un’adolescente il corpo che cambia possa essere fonte di stress e frustrazione). Il corpo diventa quindi nostro amico, nostro alleato, lo strumento che la natura ci ha fornito per fare qualsiasi cosa. E se nella realtà siamo spesso costretti a un numero limitato di azioni, ecco che il teatro ci offre la possibilità di rompere gli schemi e fare praticamente tutto quel che ci passi per la testa, senza alcuna conseguenza sulla vita reale. In seconda battuta si sperimenta lo spazio e le infinite modalità di muoversi all’interno di esso, divertendosi con azioni extraquotidiane e camminate improbabili. Si prosegue incontrando l’altro, esplorando nuove modalità di entrare in relazione che possono esistere anche in assoluta mancanza di contenuti verbali (pensiamo quanto questo sia di sollievo per tutti gli adolescenti che soffrono ad esempio di mutismo selettivo). Si tirano fuori le emozioni represse, compresse, alle quali finalmente si può dare libero sfogo. E tanto altro ancora. Infine, nelle improvvisazioni, ciascuno può vestire i panni di personaggi lontanissimi da se stesso e dalla propria esistenza, i quali però consentono all’attore/attrice di turno di liberarsi dai ruoli che la società ha già imposto, dalle etichette che si son ritrovati appiccicate addosso. E tutto questo bagaglio di sperimentazioni rinforza l’io, aumenta l’autostima, diviene una sorta di “sacca” alla quale accedere per sapersela cavare nelle situazioni più inconsuete e impreviste che di certo la vita sottoporrà a ciascuno, prima o poi. Nel volume di Erving Goffman La vita quotidiana come rappresentazione si evince enormemente quanto le attività lavorative, ma anche tutte le altre proprie degli adulti, siano una continua serie di “messe in scena” in cui l’individuo deve necessariamente sapere come vestirsi, parlare, comportarsi. È teatro, ancora una volta. Invitiamo dunque, gli adolescenti presenti nelle nostre famiglie o nei nostri luoghi di lavoro a partecipare a un laboratorio teatrale. Gli avremo fatto un regalo che non ha prezzo: l’esperienza fornirà loro (almeno in parte) strumenti, cartine, bussole, grazie ai quali riuscire a orientarsi nel faticoso ma bellissimo viaggio che può essere l‘esistenza.

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