Teatro ragazzi e oppositività
A breve anche in versione Podcast
Damiano, 13 anni. Lorenzo, 12 anni. Elettra, 11 anni. Andrea, 9 anni. Pietro, 6 anni. Mariastella, 5 anni (tutti nomi di fantasia).
In differenti luoghi e contesti ho incontrato questi bambini e ragazzi. Di diverse età, diversi percorsi scolastici, diverse famiglie e luoghi di provenienza. Ma avevano tutti un tratto comune: l’oppositività. Ciascuno di loro l’esprimeva in un modo proprio. Lorenzo mostrava rabbia verso tutto e tutti; Damiano tendeva a ritrarsi come un paguro nella conchiglia; Elettra pronunciava in continuazione frasi svalutanti il lavoro e il gruppo dei pari; Pietro dava le spalle o stava tutto il tempo a braccia conserte e con gli occhi che fissavano il pavimento;
Ascoltavo i commenti delle loro insegnanti, terapiste o genitori. Alcuni frustrati, altri innervositi o demotivati; c’era persino chi aveva gettato la spugna affermando che “tanto ormai è così e non si riesce a fare nulla”.
Le singole situazioni sono complesse e non è affatto semplice aver a che fare con un essere umano che non accoglie la gentilezza, che deride l’entusiasmo attorno a sé o che semplicemente non risponde. Spesso, con grande impegno e fatica, ci sembra di aver compiuto un piccolo passo in avanti, di aver scalfito almeno in piccola parte quello scudo protettivo tra il nostro ragazzino e il mondo; ma la settimana successiva ci sembra di dover ricominciare da capo, e che il nostro intervento precedente abbia avuto l’effetto dell’acqua sulla sabbia: per un attimo l’aveva bagnata, permettendole di cambiare stato, ma pochi minuti dopo il sole ha riportato tutto alla condizione iniziale. E a questo punto, la tentazione di mollare è tanta. Eppure…
Una cosa che continuo a dirmi in questi casi è che non sarà certo un’oretta di laboratorio teatrale a ribaltare la vita di ragazzi che per primi sono vittime di tale stato. Però, per almeno un’ora a settimana farò tutto quello che è in mio potere per far vivere loro un momento di serenità, di emozioni positive, e perché no, di divertimento. Grazie agli studi di comicoterapia, non dimentico mai quanto sia forte il potere della risata, dell’autoironia, della sdrammatizzazione.
La formazione da clown fatta in gioventù mi viene presto in soccorso: le gag di clownerie sono sempre esilaranti per la fascia d’età che va dai 5 agli 8/9 anni. Con i più grandi faccio battute ironiche e autoironiche ma mai sarcastiche o ciniche: ci si può prender in giro con umorismo e leggerezza senza dover essere per forza taglienti o svalutanti.
Scopro che a Lorenzo piace l’improvvisazione: quindi, a ogni incontro, gli concedo 20 minuti per mettere in scena le situazioni che preferisce, e grazie a questo, insisto sull’accettazione delle idee dell’altro; sulle azioni congrue; sulla non prevaricazione e la non derisione. Il ragazzino comincia ad accettare i miei consigli “scenici” e a guardarmi con maggiore rispetto. Grazie alle improvvisazioni fatte insieme (nelle quali recito anche io, offrendo le mie competenze per la buona riuscita delle sue idee) il nostro rapporto cresce, si approfondisce. Pian piano Lorenzo cambia atteggiamento. Lo vedo sorridere, non entra più sbattendo la porta e rifilando improperi a chiunque gli capiti a tiro.
Anche gli altri hanno pian piano modificato atteggiamento. Ci guardiamo negli occhi, ci sorridiamo. Può sembrare poco, o magari tanto.
A me, a volte sembra tutto.
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