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Teatro ragazzi Didattica

 


Teatro ragazzi e Disturbo dello spettro autistico

Qualche tempo fa, al termine di un corso di formazione per professionisti, una docente di sostegno alla scuola primaria mi racconta che lo scorso anno la classe ha aderito a un progetto di laboratorio teatrale condotto da un esperto esterno. La docente segue un bambino che non parla e affetto dal Disturbo dello Spettro Autistico. Il conduttore del laboratorio teatrale non è riuscito a coinvolgerlo, tanto che il piccolo non ha partecipato in alcun modo allo spettacolo finale. La docente, al termine del corso fatto con me, mi ha chiesto: “Quindi si possono inserire anche i ragazzi con questo disturbo nell’esperienza del teatro?”. Certo che sì, le ho risposto.
Ora, forse capisco la difficoltà dell’operatore teatrale. Non è facile condurre una classe numerosa verso la performance finale, fonte di grandi aspettative da parte di genitori, dirigente e docenti. Non è facile lavorare con i disturbi del neuro sviluppo senza una preparazione adeguata. Ciò nonostante, si deve sempre tentare l’inclusione massima, a 360 gradi, nella quale ciascuno contribuisce al lavoro di tutti, seguendo le proprie inclinazioni e i propri talenti.
Ecco dunque alcuni suggerimenti. Spero che siano utili a chi si trovi in situazioni similari a quella appena citata.
Alcuni anni fa mi sono trovata a lavorare con una classe nella quale era presente proprio un bambino con l’identico disturbo del precedente.

Cecilia Moreschi
Chiamiamolo Andrea. Le docenti di classe avevano fatto un ottimo lavoro fin dai primissimi giorni, e Andrea era benvoluto da tutti i compagni, persino nelle sporadiche crisi di rabbia in cui lanciava oggetti e sollevava banchi.
Nel laboratorio di teatro lo coinvolgo con il ritmo, le camminate nello spazio, i grandi movimenti espressivi. Scegliamo di mettere in scena La gabbianella e il Gatto e la sua docente di sostegno realizza bellissimi disegni, colorati da Andrea, per potergli narrare la storia. Insieme ai compagni che preferisce, sale sul palco nelle primissime scene, nelle quali mima insieme agli altri il volo libero dei gabbiani, subito prima di incappare nella macchia di petrolio nell’oceano. Partecipa dunque con grande impegno sia alle prove che alla messinscena finale.
L’anno successivo lo spettacolo narra la storia di Peter Pan. Anche stavolta, al nostro viene proposto un libricino con le immagini più salienti della messinscena, che stavolta la sua insegnante realizza insieme ad alcuni compagni. Sotto ogni disegno c’è una frase illustrativa. A quattro alunni, tra i quali c’è Andrea, affido la parte dei pirati. Stavolta il loro tempo sul palco non è più un libero movimento a tempo di musica: devono realizzare una camminata ritmica, nella quale fare tre passi e una pausa per fingere di bere il rum dall’apposita bottiglia. Andrea prova più volte la camminata con gli amici. Pian piano riesce a quantificare il passo e tenere il ritmo. È  bravo esattamente come gli altri. Riesce a mantenere il corpo nella pausa attiva anche quando gli altri pirati iniziano a dialogare in merito alla necessità di catturare Peter Pan. Resiste tutto il tempo della scena insieme a loro sul palco, perfettamente calato nel personaggio.
Anche indossare il costume da pirata e avere sul viso un pizzetto opportunamente realizzato dalla matita per gli occhi della maestra sono fonte per lui di grande felicità, ma soprattutto partecipazione a quello che per tutti i ragazzini della classe è un evento speciale.
Ecco, a volte basta davvero poco per coinvolgere tutti. Il teatro non è un’arte elitaria, adatta solo a chi ha talento. È un’arte democratica. Per tutti, per ciascuno.

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