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Il teatro e la gestione dei tempi di attesa

Arriva un momento in cui qualsiasi regista o attore che sta conducendo un laboratorio di teatro ragazzi, si scontra con una grande difficoltà presente in quasi tutti i suoi allievi: la gestione dei tempi di attesa. Nel corso del laboratorio, i giochi e gli esercizi proposti interessano spesso l’intero gruppo. Anche le improvvisazioni sono divertenti e coinvolgenti sia per chi recita che per chi guarda. Ma nel momento in cui abbiamo scelto il testo da mettere in scena, o lo abbiamo creato insieme ai nostri ragazzi, ecco che le giornate di prove presentano inevitabilmente decine di minuti in cui uno solo di loro, o magari due o tre, riprovano la stessa scena, perfezionandone i vari aspetti. Cosa fanno in quei minuti tutti gli altri? Hanno già visto la scena, la conoscono, non hanno alcun interesse nel rivederla ancora. Quindi la loro attenzione non è più su ciò che accade in scena e li porta ad agitarsi, muoversi, chiacchierare, ridacchiare.
Cecilia Moreschi
Sarebbero tentati di prendere lo smartphone, se non fosse che glielo abbiamo impedito dalle prime lezioni, quelle in cui utilizzavano la pausa per connettersi ai loro amici virtuali invece di fare amicizia con le persone in carne e ossa a un metro di distanza. Non sono più abituati a “stare in armonia dentro se stessi” pur non facendo granché. Non riescono ad aspettare semplicemente, senza qualcuno o qualcosa che li intrattenga. Alla stregua di tutte quelle persone che alla fermata del bus hanno gli occhi incollati al proprio dispositivo invece di guardare l’ambiente intorno, e magari riflettere sulla giornata trascorsa o perdersi nel volo degli uccelli, è come se i nostri non riuscissero a tollerare una manciata di minuti senza fare o dire qualcosa. L’essere costantemente fuori di noi, sia per l’attivismo in cui spesso viviamo, sia per i vari cellulari o tablet che ci esortano a interessarci in ogni istante di quel che accade al di là della nostra porta, ci ha abituato inevitabilmente a un’attenzione sempre esterna, caotica, a volte superficiale, spesso non finalizzata. Il teatro è ancora una volta, un ottimo strumento per tornare dentro noi stessi. Non solo grazie alle innumerevoli attività propriocettive e introspettive che ogni attore o regista possiede nel suo bagaglio e propone ai propri allievi. Ma anche per la gestione dei tempi attesa esterni, quelli in cui le prove di uno spettacolo ci portano inevitabilmente a dover attendere qualche minuto senza fare niente. Il rispetto per l’attore o l’attrice che in quel momento sta ripetendo la propria scena, ci impone di non disturbare la sua performance, esattamente nel modo in cui saranno poi gli altri a non disturbare noi quando sarà arrivato il nostro turno. Il teatro si pone ancora una volta come prezioso strumento di vita, lente d’ingrandimento dei disagi nei quali ciascuno di noi può incorrere, e al contempo modalità di presa di coscienza e successiva soluzione del problema.

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