Prima di andare in scena
Nei laboratori teatrali condotti a scuola, dopo qualche settimana di preparazione in cui i giovani attori sperimentano le infinite possibilità che il teatro come mezzo espressivo dona loro, arriva il momento tanto atteso: si va in scena!
Di solito scegliamo insieme un argomento da portare sul palco, creo la drammaturgia incoraggiando i ragazzi a partecipare alla stesura, arricchiamo il testo di volta in volta di battute e gag divertenti, fino a trovare un finale che soddisfi tutti comunicando ciò che avevamo in mente sin dall’inizio.
Il copione è dunque pronto, gli studenti hanno avuto già qualche settimana di tempo per memorizzarlo; possiamo finalmente andare sul palco e provare.
Il tempo è poco, ho a disposizione solo un’ora a settimana con ciascuna classe per renderli pronti ad andare in scena. Inoltre le aule sono sempre numerose, di solito più di venti partecipanti, ciascuno con le proprie emozioni, il vissuto, il carattere… non è semplice tener conto di tutto mentre si prepara uno spettacolo. Eppure non devo mai dimenticare che ho davanti bambini, ragazzi. Esseri umani, che hanno bisogno di qualche minuto in più per passare dalla lezione di matematica, nella quale hanno magari imparato le divisioni a due cifre, a recitare la storia del gatto che chiede gli stivali al suo padroncino.
Pertanto mi prendo il lusso di fermarmi per cinque minuti. Li faccio alzare e li conduco in uno spazio aperto. Chiedo loro di provare a non pensare a niente, magari anche di chiudere gli occhi. Camminare lentamente, concentrandosi solo sul proprio respiro e il corpo che si muove. Sentire se stessi dentro il proprio corpo. Pian piano i più vivaci smettono di ridacchiare, i più introversi prendono coraggio. Mentre camminano, ricordo loro che stiamo per entrare in un’altra dimensione, come in quei film di fantascienza che piacciono tanto alla gioventù. Perché il teatro è un’altra dimensione, in cui restare noi stessi sperimentando in contemporanea qualcun altro. Come se fosse un altro pianeta in cui si cammina, ci si muove e si parla in maniera differente che sulla terra. E questo pianeta ha persino un luogo fisico: il palcoscenico.
I ragazzi seguono alla perfezione le mie parole. Sono nella nuova dimensione ancor prima di me. Eccoci pronti: ora, si va in scena.
Di solito scegliamo insieme un argomento da portare sul palco, creo la drammaturgia incoraggiando i ragazzi a partecipare alla stesura, arricchiamo il testo di volta in volta di battute e gag divertenti, fino a trovare un finale che soddisfi tutti comunicando ciò che avevamo in mente sin dall’inizio.
Il copione è dunque pronto, gli studenti hanno avuto già qualche settimana di tempo per memorizzarlo; possiamo finalmente andare sul palco e provare.
Il tempo è poco, ho a disposizione solo un’ora a settimana con ciascuna classe per renderli pronti ad andare in scena. Inoltre le aule sono sempre numerose, di solito più di venti partecipanti, ciascuno con le proprie emozioni, il vissuto, il carattere… non è semplice tener conto di tutto mentre si prepara uno spettacolo. Eppure non devo mai dimenticare che ho davanti bambini, ragazzi. Esseri umani, che hanno bisogno di qualche minuto in più per passare dalla lezione di matematica, nella quale hanno magari imparato le divisioni a due cifre, a recitare la storia del gatto che chiede gli stivali al suo padroncino.
Pertanto mi prendo il lusso di fermarmi per cinque minuti. Li faccio alzare e li conduco in uno spazio aperto. Chiedo loro di provare a non pensare a niente, magari anche di chiudere gli occhi. Camminare lentamente, concentrandosi solo sul proprio respiro e il corpo che si muove. Sentire se stessi dentro il proprio corpo. Pian piano i più vivaci smettono di ridacchiare, i più introversi prendono coraggio. Mentre camminano, ricordo loro che stiamo per entrare in un’altra dimensione, come in quei film di fantascienza che piacciono tanto alla gioventù. Perché il teatro è un’altra dimensione, in cui restare noi stessi sperimentando in contemporanea qualcun altro. Come se fosse un altro pianeta in cui si cammina, ci si muove e si parla in maniera differente che sulla terra. E questo pianeta ha persino un luogo fisico: il palcoscenico.
I ragazzi seguono alla perfezione le mie parole. Sono nella nuova dimensione ancor prima di me. Eccoci pronti: ora, si va in scena.
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